Tommaso Labranca, il nuovo libro 78.08 - prima parte
Party di presentazione del libro 78.08 al Sound of '70s, Milano. Prima parte.
Può una festa anni '70 in un locale anni '70 per la presentazione di un libro (anche) sugli anni '70 rivelarsi paradossalmente trash?
Se è la festa di Tommaso Labranca, teorizzatore del trash, sì.
E il paradosso, si badi, non riside nel fatto che questi ci sguazzi nel trash fino a trarne linfa e nutrimento per l'attività di scrittore, ma nel fatto che un paio di anni fa in un'intervista annunciava la fine del trash ("non avrei mai usato quel termine, troppi fraintendimenti!"). E invece, toh, eccoci qua: l'emulazione fallita di una festa anni '70! La recensione della festa, al prossimo post.
Chi è Tommaso Labranaca?
Breve ripassino prima della comprensione del testo. Ne consegue che chi non gradisce lezioni da un pirla come il sottoscritto, può attendere gli highlights del party al post successivo.
Tommaso Labranca quello lì, noto ai più e ai meno per "Andy Warhol era un coatto" (clicca qui per il download del libro completo) del 1994. Se uno parla di trash dalle nostre parti, certamente saprà che il trash fu quasi coercivitamente introdotto come categoria da quest'uomo (a grandi linee e piegando la storia della cultura alle mie personali esigenze di copione).
Cos'è il trash?
Per farla brevissima, è proprio in Andy warhol era un coatto che il trash viene definito non - al pari di quanto ritengono i più grandi baccalà fra voi! - come "spazzatura", "di scarsa qualità", "scarto", pure "kitsch" talolta, bensì come l'emulazione fallita di un modello alto. Trash è tecnicamente lo scarto tra l'originale e la sua imitazione puntualmente fallita. Il trash è occasionale? Il trash ci circonda, tutti vi siamo immersi anzi lo frequentiamo più di quanto ci piaccia ammettere. In coloro nei quali il trash raggiunge il livello di consapevolezza, là nasce il camp: compiacersi d'essere trash. Imparare a convivervi davvero, riesce solo ai giovani salmoni.
Oh, io me la ricordo così la storia. Invito chi non avesse ancora letto questo saggio di un centinaio di leggere pagine, a leggerlo.
Consigl pe'i acquist'
Lo stile labranchiano è adorabilmente arrogante: toni ironici, seccati e quel sottile sarcasmo palpabile di riga in riga, gli sfottò alle piccole e grandi ipocrisie del post-moderno, la descrizione con non-chalance di generazioni che stanno andando a puttane e via dicendo (cosa?).
Aggiungerei quindi ai suggerimenti di lettura anche i due divertenti Chaltron Hescon (che vale la lettura solo per la descrizione delle cosiddette iperconvinzioni, i grandi luoghi comuni, le macro generalizzazioni che i deficienti mettono in piedi per autosupportare le proprie ridicole convinzioni: vedrete, se dopo la lettura non vi viene da dire "Cazzo, esattamente come fa XXX!") e Il Piccolo Isolazionista (facile è la via dell'eremita, lontano da tutto e tutti; ostica invece è la strada del Piccolo Isolazionista, in equilibrio tra solipsismo notturno periferico e momentanee immersioni umane, a contatto con figure trattate come simulacri funzionali ai propri bisogni).
E poi c'è appunto questo 78.08
78.08 - Il libro
Il protagonista è Antonio Manero (nomen, omen!), segnato dal proprio nome (una spaventosa somiglianza con Tony Manero, protagonista nel 1978 della Febbre del sabato sera) che istituisce - manco fosse il mythical method joyceiano - continui paralleli tra il '08 e il '78, tra l'avrei voluto fare e il (purtroppo) faccio, tra me piagno addosso! e si stava meglio una volta, tra l'arido presente e "un nido lontano, caldo e protetto". Semplicemente perchè "Il passato sembra sempre più bello, eravamo scandalizzati dal primo Grande Fratello: ora abbiamo nostalgia di Taricone". Antonio Manero è ovviamente più di un Belluca qualsiasi che si rifugia nella fantasia, è più di una macchietta, è un prototipo moderno: dottorando col doppio lavoro, ex moglie, figlia gothic battezzata Laurapalmer e tutto il cucuzzaro che una vita del cazzo sa offrire.
Sembra divertente (oppure no).
Segue al prossimo post (la Febbre Del martedì sera al Sound of '70s)
Può una festa anni '70 in un locale anni '70 per la presentazione di un libro (anche) sugli anni '70 rivelarsi paradossalmente trash?
Se è la festa di Tommaso Labranca, teorizzatore del trash, sì.
E il paradosso, si badi, non riside nel fatto che questi ci sguazzi nel trash fino a trarne linfa e nutrimento per l'attività di scrittore, ma nel fatto che un paio di anni fa in un'intervista annunciava la fine del trash ("non avrei mai usato quel termine, troppi fraintendimenti!"). E invece, toh, eccoci qua: l'emulazione fallita di una festa anni '70! La recensione della festa, al prossimo post.
Chi è Tommaso Labranaca?
Breve ripassino prima della comprensione del testo. Ne consegue che chi non gradisce lezioni da un pirla come il sottoscritto, può attendere gli highlights del party al post successivo.
Tommaso Labranca quello lì, noto ai più e ai meno per "Andy Warhol era un coatto" (clicca qui per il download del libro completo) del 1994. Se uno parla di trash dalle nostre parti, certamente saprà che il trash fu quasi coercivitamente introdotto come categoria da quest'uomo (a grandi linee e piegando la storia della cultura alle mie personali esigenze di copione).
Cos'è il trash?
Per farla brevissima, è proprio in Andy warhol era un coatto che il trash viene definito non - al pari di quanto ritengono i più grandi baccalà fra voi! - come "spazzatura", "di scarsa qualità", "scarto", pure "kitsch" talolta, bensì come l'emulazione fallita di un modello alto. Trash è tecnicamente lo scarto tra l'originale e la sua imitazione puntualmente fallita. Il trash è occasionale? Il trash ci circonda, tutti vi siamo immersi anzi lo frequentiamo più di quanto ci piaccia ammettere. In coloro nei quali il trash raggiunge il livello di consapevolezza, là nasce il camp: compiacersi d'essere trash. Imparare a convivervi davvero, riesce solo ai giovani salmoni.
Oh, io me la ricordo così la storia. Invito chi non avesse ancora letto questo saggio di un centinaio di leggere pagine, a leggerlo.
Consigl pe'i acquist'
Lo stile labranchiano è adorabilmente arrogante: toni ironici, seccati e quel sottile sarcasmo palpabile di riga in riga, gli sfottò alle piccole e grandi ipocrisie del post-moderno, la descrizione con non-chalance di generazioni che stanno andando a puttane e via dicendo (cosa?).
Aggiungerei quindi ai suggerimenti di lettura anche i due divertenti Chaltron Hescon (che vale la lettura solo per la descrizione delle cosiddette iperconvinzioni, i grandi luoghi comuni, le macro generalizzazioni che i deficienti mettono in piedi per autosupportare le proprie ridicole convinzioni: vedrete, se dopo la lettura non vi viene da dire "Cazzo, esattamente come fa XXX!") e Il Piccolo Isolazionista (facile è la via dell'eremita, lontano da tutto e tutti; ostica invece è la strada del Piccolo Isolazionista, in equilibrio tra solipsismo notturno periferico e momentanee immersioni umane, a contatto con figure trattate come simulacri funzionali ai propri bisogni).
E poi c'è appunto questo 78.08
78.08 - Il libro
Il protagonista è Antonio Manero (nomen, omen!), segnato dal proprio nome (una spaventosa somiglianza con Tony Manero, protagonista nel 1978 della Febbre del sabato sera) che istituisce - manco fosse il mythical method joyceiano - continui paralleli tra il '08 e il '78, tra l'avrei voluto fare e il (purtroppo) faccio, tra me piagno addosso! e si stava meglio una volta, tra l'arido presente e "un nido lontano, caldo e protetto". Semplicemente perchè "Il passato sembra sempre più bello, eravamo scandalizzati dal primo Grande Fratello: ora abbiamo nostalgia di Taricone". Antonio Manero è ovviamente più di un Belluca qualsiasi che si rifugia nella fantasia, è più di una macchietta, è un prototipo moderno: dottorando col doppio lavoro, ex moglie, figlia gothic battezzata Laurapalmer e tutto il cucuzzaro che una vita del cazzo sa offrire.
Sembra divertente (oppure no).
Segue al prossimo post (la Febbre Del martedì sera al Sound of '70s)
5 commenti:
An....
ho letto il libro. mi chiedo chi abbia il coraggio di pubblicarne un altro.
Volevo leggere il libro. A questo punto mi sento autorizzata a rinunciare.
A parte che il commento di Wonder è pure ambiguo: potrebbe essere un libro talmente ben scritto, che nessuno avrà più il coraggio di scriverne altri. Ehm, coff coff...
Al post successivo ci sarà una parte dedicata a "quanta pena mi fa vedere ridotto così quest'uomo".
Comunque, non lo consigli?
@Butel1: in effetti non ci avevo pensato. In effetti avevo ragione io :P
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