Ripromessomi di evadere dalla fatal Verona quanto meno una volta a settimana, sono infine riuscito a visitare la mostra di Tamara de Lempicka a Milano.
Info generali
La mostra di Tamara de Lempicka è allestita al Palazzo Reale di Milano e chiuderà i battenti il 14 gennaio 2007. Sempre presso lo stesso Palazzo Reale, si tiene in questo periodo anche la mostra futurista su Boccioni (come vedete dalla foto).
Prezzo del biglietto intero: 9 €. Il ridotto è 7.50 €. Quindi, anzitutto, notiamo come rispetto alla Triennale, il prezzo degli eventi sia superiore. La scelta migliore, fate come me, è d'entrare in zona lunch: tra le 13.30 e le 14.30 pagherete 6 €. Nonostante la mostra sia agli sgoccioli (o forse proprio per tale motivo?) ho notato un notevole afflusso di gente, la coda mi ha impegnato per 15 minuti buoni. E la coda, cari miei, ve la fate in una sorta di galleria del vento a 0 gradi: che non è gradevole.
Questo è il sito ufficiale della mostra, con l'elenco delle opere esposte, www.tamaradelempicka.it. Vi trovate anche il comunicato stampa e una succosa biografia.
Il catagolo è edito da Skira.
Chi era Tamara De Lempicka?
Tamara De Lempicka (pronuncia polacca "lempizca") è il nome d'arte di Maria Gorska, sposata a Tadeusz Lempicki. Sul sito, come detto, trovate info biografiche sull'artista, polacca di nascita (Varsavia 1898) da padre russo (e forse nata a Mosca, non si sa) e d'ora in poi Tamara, come ribadito a più riprese dal personale della mostra: "Uno per Tamara?" o "Da questa parte per Tamara" o "Tamara o Boccioni?" o "Lei è Tamara?" e m'aspettavo da un momento all'altro "Chi è Tamaaara? Tamara è quell'amica polacca mia...".
Qui trovate una galleria di immagini/opere, parte di esse in esposizione.
Qui trovate un'intervista abbastanza "rara", alla quale s'é prestata poco prima di morire nel 1979 a Cuernavaca in Messico.
Tamara ha creato immagini che sono diventate il simbolo di un’epoca (la modernità), “i folli anni Venti e Trenta" di cui diventa la più brillante interprete, icona dell'Art Déco, introducendo nei suoi dipinti i simboli di quella modernità e rappresentando la donna emancipata, libera, indipendente, aggressiva e trasgressiva; famoso qesto autoritratto dell'artista alla guida di un bolide (che non è presente):
Anche se, in effetti, per la maggiore Tamara è ritrattista: i ritratti coprono circa il 95% della sua produzione. In genere ritrae uomini ricchi e nobili europei o, come lei, fuggiaschi europei residenti negli states. Tamara è snob (c'è una sezione dedicata proprio a questo lato del suo carattere) ma comprende bene come ogni oggetto possa divenire arte: sono presenti diversi ritratti che ella fece di una nota prostituta parigina, la "Raphaela".
Per chi non avesse presente chi sia Tamara, questa è una foto presente nella mostra (c'è un'intera parete dedicata, compresa una mini installazione a riproduzione della sua maison/atelier):
Per chi non conoscesse Tamara artista, lei è quella che fa ritratti, anche nudi, in cui le figure umane perdono proporzioni e aspetto naturale (le figura umane di Tamara non esistono in natura!), dove le linee vengono ricondotte a poche curve e rette essenziali, il tutto deformato in maniera "scultorea", o comunque tale da restituire un effetto visivamente prepotente, pesante in un certo senso, rafforzato dalla limitata gamma cromatica (al massimo due, tre, quattro colori dai toni scuri, grigi e marroni solitamente). Per intenderci, tutti si ricordano Tamara per queste (entrambe non presenti!):
La mostra
In scena da circa due anni, dopo Parigi e Londra, la mostra giunge a Milano. Attraverso dodici sezioni, corrispondenti ciascuna ad un ensemble tra carriera/opere e vicissitudini/stili di vita con ricca didascalia introduttiva e commenti a ciasuna opera, devo dire che gli espositori portano per manina l'avventore di Tamara (specie occasionale e neofita) dall'inizio alla fine in un percorso che copre praticamente tutto l'arco della vita dell'artista. In tal senso, la mostra è decisamente completa. Anzi, a mio vedere le didascalia tendono ad una certa ridondanza a lungo andare, sicché l'iniziale entusiasmo scema alla quinta volta che si leggono i soliti epiteti quali "dama della modernità" ecc. Ma la questione è soggettiva e scoccia maggiormente l'aficionados che il non-aficionados.
Completa, dicevo. E così di sala in sala, forte del condimento delle opere del relativo periodo, ti viene svelato che: Tamara gira l'Europa, si sposa il ricco Lempicki, questa la tradisce e la scarica, lei lo insegue per mezza Europa e infine si rifà con un nuovo cliente/amante altrettanto ricco, lo sposa, a Parigi diviene una sorta di icona della modernità e fa vivere di luce riflessa tutto il suo entourage di artisti-conoscenti, inizia il mito di Tamara signora della moda (amava pellicce, guanti e Dior), della sfarzo, del lusso (adorava ingioiellarsi), della mondanità, quella delle feste che iniziano alle cinque del pomeriggio e terminano alle nove del mattino (i primi rave?), l'artista iconoclasta che dipinge la modernità e l'emancipazione femminile e sessuale, che affronta in maniera disinibita i propri affaires e preferenze sessuali (ha amato diverse donne, anticipando di anni luce le tematiche bi-sex); quando Parigi altrettanto in fretta la dimentica, allorché ai primi critici quei seni e quei fondoschiena (leggi: tette e culi) cominciano a dar noia, ella non da ultimo si sposta a New York, dove, curiosità, non viene apprezzata tanto la sua arte (espone solo sei volte nei molti anni li trascorsi) perchè, permettetemi, a New York il movimento verso il pop era già incipiente: viene apprezzata la sua sfavillante vita mondana, il suo stile di vita e non il suo stile nell'arte, ragione la quale le farà evitare appena qualche tracollo finanziario, e sarà nuovamente abbandonata (la sua vita è irta di crisi depressive alternate a orgasmi di benevolenza e ammirazione).
Trascorrerà gli ultimi anni della sua vita in Messico, ma farà sempre la spola tra New York e Parigi. In Italia parlano di lei diversi critici e negli anni 60-70 una retrospettiva le vale nuovi riconoscimenti, in particolare i nostri critici (materiale presente in mostra) sottolineano il suo "ritorno al classico" (Tamara ammirò diverse volte le opere del Bronzino e del Pontormo e non ne nasconde l'ispirazione).
Ecco, la sensibilità di Tamara è tale da renderla certamente un'anticipatrice, diventa celebre non solo tramite la propria arte ma tramite il proprio sfrenato stile di vita, ovvero non è solo artista ma icona, in particolare un'icona cosmopolita (un servizio su Vanity Fair la renderà celebre in tutto il mondo),e ciò le vale ben più di qualche plauso: si calca fortemente questo aspetto, nella penultima sala è allestito un megaschermo con una proiezione di una decina di minuti, si tratta di vari filmati che descrivono la moda del tempo, le scelte di gusto del tempo. Con Tamara al centro, naturalmente.
La mostra non dimentica di sottolineare come Tamara divenga essa stessa schiava del proprio mito, ragion che la "obbligherà" a trascorrere tutta la vita alla ricerca/applicazione della propria arte: "La mia vita è stata il mio lavoro", affermerà verso la fine.
D'altro canto una sezione, vado a memoria, dovrebbe intitolarsi "Tamara la ribelle" e sottolinea le sue tendenze all'anticonformismo sentimentale e alla ribellione contro, come le definisce lei, "vecchie e sterili sentimentalità, gelosie artificiali, il patetico delle separazioni e delle fedeltà eterne".
Bando alle ciance, considerazioni pro e contro
-Dico subito che la mostra vale il biglietto staccato, la consiglio vivamente.
-Non mancano alcune chicche, come ad esempio diversi scritti con artisti nostrani suoi coetanei. Penso in particolare agli scambi epistolari tra lei e D'Annunzio: Tamara è sua ospite per circa due settimane, durante le quali tenta, inutilmente, di carpirne il ritratto. La cosa deve averle talmente roso il culo che, molti anni dopo, cita comunque il nostro vate tra le persone alle quali ha dedicato un ritratto (bugia!). Le calligrafie sono piuttosto leggibili. La mostra non è solo dedicata alle arti visive.
-Il guardafila, di Bolzzzano sudd, imprecando teneva a sottolineare che: "Managg, m'hanne chiamate all'uoltimu minudo, che occi non c'avevo da lavorà, me ne shtavo megl a'ccass", provocando un quasi infarto alla Cont.ssa Mazzanti Serpelloni Vien Dal Mare alla mia destra. Per la serie: basta corsi di formazione ai dipendenti (immagino appartenesse ad una qualche cooperativa).
-Sempre sul personale: inutile chieder loro informazioni non strettamente attinenti al loro specifico servizio. Scusi, si possono depositare i soprabiti? Non sa, non dice, chiedere al mio collega grazie (e comunque non si possono depositare: allucinante!). Dov'è il bagno? Non sa, non dice, chiedere al mio collega grazie. Senta, il biglietto per Tamara mi vale uno sconto su Boccioni, c'è un biglietto cumulativo? Guardi dottò, e qua dev chiedè alla cass, io non lo sacc (e comunque no, vi pagate le due mostre a prezzo intero: allucinante!).
-Le opere esposte bilanciano quantità e qualità e sono frutto di una scelta meditata in relazione ai vari periodi/temi di vita. Ci sono ad esempio alcuni pezzi da "sti cazzi", sena dubbio, ma, personalmente, mi rammarica l'assenza dei due-tre mostri sacri di Tamara, i quadri che "sono di Tamara" per eccellenza", quali i tre ad inizio del post già segnalati (gli altri ci sono tutti). Peccato. Recuperarli era evidentemente arduo. Neanche uno, almeno? Pazienza.
-Mostre: andiamoci più spesso. Se vi fa cagare l'artista, troverete volentieri un ingente quantitativo di gnocca. Come direbbe Frut1: "Vale già la pena".
-Di ritorno con rotta a Verona, ennesimo inghippo Trenitalia in stazione a Milano: 10 minuti di ritardo. Poi 20. Poi 30. Sale la suspence, rullo di tamburi, trrrr, trrrrr... sda-dang: treno soppresso. E parto con un'ora di ritardo standard. Sottolineo standard (ndr. ma so che a Frut1 è capitato di meglio ieri, eh amico?).
-Subito dopo la mostra, sono andato a fare un salto qua
visto che era a due passi. Nulla da segnalare. Anzi, forse due camicie bianche a pois (una pois pieni e una pois solo tracciati), il prezzo non è male (39 € e 49 €) ma, amesso che portiate dalla M in su, c'è il problema del colletto, una sorta di cartone, sembra il beccuccio del tetrapak del latte. Non è il massimo, specie se non portate la cravatta.