16 febbraio 2008

Datarock live - Casa 139, Milano

Qui nella Maison S. a volte ci facciamo convinti di avere una marcia in più (certo, contestualmente ci mandiamo pure a fanculo da soli). Con riferimento a domenica scorsa, ad esempio. La Milano di domenica scorsa offriva tre concerti. Succede che devi scegliere. Il pecorame di Pig Mag, sempre ad esempio, difficilmente segue questi esempi. Sentenziosi - nella propria ebbra ricerca del bello misto al trash ovvero dell'arte ospitata in contesti sedicenti alternativi, vantiamocene... - opta per il concerto dei Datarock alla Casa 139 . Azzeccatissima la scoperta di questi Datarock: un gruppo che pubblica un unico eccellente album anni e anni fa e lo porta tuttora in giro - in ristampa! - praticamente mai esibitosi in Italia, smonta dall'aereo in tuta, suona in tuta, pacco in vista, cappello unto.
Il concerto è promosso a pieni voti, sicchè - a dispetto del gusto, che alla bbella ggente come i butei piace ma chiaramente mai troppo - promossa pure la Casa 139, per l'idea di questa serata in collaborazione con Vitaminic. Bel colpo: a portare i Datarock ci provarono in molti, e nessuno li volle (sciocchi!).



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Com'è la Casa 139?
E' una casa. Su due piani. Al n° 139, di via Ripamonti, a Milano. Questa casa probabilmente è occupata, o così m'è sembrato. Ché restituisce quella sana atmosfera straccionderground: un club (un circolo ARCI propriamente) ricavato in un edificio disposto su due piani, sospetta di decrepitudine, minimale, non nel senso dell'arredamento, nel senso che non c'è un cazzo dentro né sulle pareti a parte due banconi e alcune sedie coi tavolini rubati dallo spot di Scamarcio "Two is mejo che uan". Completa il tutto un bagno che te lo raccomando. Ai tempi, la Famiglia Addams ci resistette due settimane, non di più.

Punti di forza: questo posto è l'ideale per piccoli concerti scalmanati, come questo dei Datarock. Prezzo del biglietto 12 € onesti onesti.

Punti deboli: dalle dicerie coprolaliche dei paganti che ci precedono, ci pare di capire che la tessera ARCI qui costi intorno ai 15 €. A gennaio a Treviso io e a Udine il Fruttone, pagammo 8 €, siamo a posto. A questo punto, per pura curiosità, uno potrebbe chiedere il perchè dello special fee che applicano alla Casa 139. Io comunque non lo farei, da qualche parte nella risposta c'infilerebbero un "Eehhh Milan l'è Milan..." "captle dll fnnza cioèèè" "vabbèèè ma qua siamo a Milano micaaa..." e roba del genere. Parlando con qualche straccione d'ordinanza vieni a sapere che t'infilano la consumazione gratis. Vabbè, allora fai una disco. Devono essere i furboni del marketing equo-solidale.

Altro discorso è da riservare al guardaroba: dove cazzo era? C'era? Pare di no. La giacca della tuta - sì, avevamo una tuta da veri groupies dell'ultima ora - stavo per radunarla insieme ad altre sul più classico degli "sgabelli dei giubbotti di tutti", quello che funziona sempre sulla fiducia, quello che ci sono sempre tre-quattro che osservano la propria mercanzia perchè comunque la fiducia non è tutto. Quello che a volte scatta il gioco di prestigio: entri con una Van Assche, esci con una Van Basten. E allora te la tieni pure addosso 'sto giacchettino, come fanno quasi tutti, cum magno gaudio dell'ascella commossa.
Chi sono i Datarock? Zioskan, te lo dice il Fruttone
“La nostra musica? Un mix degli stili musicali che amiamo”
"Come non biasimarli, chi non suona gli strumenti che ama? Io, per esempio, amo gli strumenti semplici, suono i bonghi ed il flauto dolce, ma non c'entra un cazzo.
Dei Datarock, che ho conosciuto recentemente con l’uscita della ristampa del loro primo ed unico album targato primi del 2.000, mi sono subito innamorato. Di norma ascolto alcuni brani musicali ed immediatamente quell’artista o band entra a far parte della mia top 10 o top 5 dell’album del mese o dell’anno o addirittura nella storia della musica. Alla fine scopro che la top è un po’ esageratamente colma di band o artistucci vari, oltre che della presenza delle pietre miliari della musica. Ma non c’entra Alta Fedeltà e tutte quelle pippe mentali da segaioli delle classifiche, cioè.

Questa volta non voglio esagerare e mi sbilancio: i Datarock sono indubbiamente ai primi posti nella classifica dei migliori album degli ultimi 3 anni per Frut1. Sono indiscutibilmente una band di nicchia [nd sentenziosi: infatti chi cazzo li conosce?] ma sono dei veri gioielli, da innamorarsene, che non ti par vero siano sconosciuti al pubblico (e invece sì, hic sunt pecorones).

Non saranno degli innovatori o dei virtuosi dello strumento ma con il loro mix di generi musicali che spaziano dal rock al funk al punk per arrivare all’electro-kitch-pop sanno divertire e coinvolgere il pubblico tra riff di chitarra, synth, danze, balli coreografati da Steve La Mange – il fratello obeso di La Chance – e testi divertenti non senza espliciti riferimenti sessuali, il tutto spesso calato in un’atmosfera talvolta davvero eighties.

L'impatto visuale è immediata: quello della divisa che li contraddistingue. Dimenticate Hedi Slimane designer per i Daft Punk, né si parla di super eroi in calzamaglia, leggins e magliette attillate per mostrare i pettorali d’acciaio: questi ragazzoni (un po’ unti) di Bergen preferiscono delle comode e confortevoli tute rosse da jogger – o da negro – con tanto di cappuccio e occhiali neri fascianti per celare lo sguardo al pubblico. Yo-Yo fratelli manca solo una catenazza d’oro massiccio e poi potreste fare parte della Frut-gang, respect!

Parlando un po’ anche dell’album: 13 brani tra i quali si nascondono alcune perle rare, non puoi non restare colpito da 'Computer Camp Love' (ballata decisamente electro e dancy che vuole essere per Frut1 l’Inno dei Nerds), ‘Princess’ (dall’anima più rock ma dalla forte carica emotiva, con un simpatico gioco di parole Prince-ass, dev'essere la storia di una a cui il sesso anale faceva un baffo) [ndSentenziosi: sì vabbè ma “carica emotiva”… alla fine muore il cantante?], 'I Used To Dance With My Daddy' (che riporta agli 80 ed all’ascolto di band come i Devo e Talking Heads,insomma un bel tuffo nel passato con una magistrale direzione, sul finale, di un sax impazzito, beccato nel video). E naturalemnte ‘Fa-Fa-Fail capolavoro dell’album, una traccia “funny” che con il suo loop funky dallo spirito tribale non riesce a fare a meno di suonarti - e rintuonarti - nella testa, tempo poche ore e senza accorgertene canticchierai per strada le motif terrible: ”fa-fa-fa fafafa fafa” e Butel1 ne sa qualcosa. [ndButel1: ma cosa fa-fa-fa-fa-dici?]

Ragazzi, i Datarock sono la rivelazione dell’anno all’interno della Frut1 Gold Collection e li promuovo a pieni voti. Band che sa suonare, divertire-divertirsi e far ballare: fattori a dir poco fondamentali per una band che desidera farsi conoscere. Complimenti alla Casa 139 che li ha portat in Italia, ben fatto gente"
Fa-fa-fa-fa-Frut1

Il concerto
Preceduto dalla solita selezione di musica indie, qui il dj set di Vitaminic è un po' più riuscito che altrove, il dj ha un certo gusto, i brani sono meno inflazionati e non sono disdegnate vecchie incursioni. Il dj stacca, la Mano

la mano della casa 139, milano

ci scorta lunga lo scala fino al piano superiore.
Via al concerto. Un centinaio e passa di persone, primo piano quasi riempito, divertimento groove-funky, copiose ginocchia danzerecce, molto sudore per il prossimo. Manco a dirlo qualcuno mi scambia subito per Prossimus, e grazie all'animaccia loro.
I Datarock sono uno spasso: tute rosse e pacco in vista, luci rosse alle loro spalle, spiritati, tengono il palco col savoir faire del gruppo di entertainer, un'oretta di eccellente musica, quella che DEVI muoverti tra un riff e l'altro, perchè questa musica è progettata nei laboraduar per scatenare le danze, è una dichiarazione di freestyle. Ma mai nulla di invasivo, dimenticatevi situazioni da pogo estremo, uppercat nell'angolino e calci nelle balle.
Loro sono rossi dicevo.
datarock
Suonano
datarock live milano
e si agitano
datarock casa 139 milano
Sempre più rossi e mossi.
casa 139 milano datarock
E poi s'ingrandiscono e diventano dei giganti rossi gommosi che vogliono sicuramente spaccare il culo al fruttone OHHHMIIOODDDDDIOOO MA E' SURREALEEE!
casa 139 milano

No, è che semplicemente si balla.
L'album lo suonano tutto, le incursioni del synth sono strepitose, le movenze sono goffe ma divertenti, il pubblico ancheggia e saltella sempre più, di pezzo in pezzo c'è un climax evidente. A forza di saltelli metà pubblico è ormai smutandato, la tuta di Frut1 del resto aveva ceduto alla seconda canzone ed esibisce oroglioso la foglia adamitica.
A quanto già detto da Frut1 vorrei dire che Ugly Primadonna mi ha ricordato certi Depeche Mode, per dire. L'atmosfera è ideale, in definitiva. Fa-fa-fa-fa è un tripudio, forse la miglior interpretazione di Giovanni di sempre.

fa fa fa datarock


La ggente
Vabbè, le aspettative non sono disattese, è sempre un circolo ARCI in fondo: tante belle tute, tante belle felpe. E qualche bella pheega over 25 e under 35 senza felpa nè tuta, fidanzzzat con uno con la felpa o con la tuta. I clichè del caso.

Conclusione
Bella serata, gran concerto. Non m'ero mai messo la tuta per uscire con scopi diversi dallo jogging.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Computer Camp Love :(

Averlo saputo...

Perchè queste le cose le fanno sempre e solo a Torino o a Milano e MAI a Verona? :\

Butel Info ha detto...

Beh, a questa domanda risponde il 99% dei post dei Sentenziosi. Un'ANALisi accurata della trista situazione socio-cultu-anal-ludo-pheega. Addio.

Anonimo ha detto...

Mah, non ne sono sicuro.
In fondo non è una città povera e nemmeno poco popolosa...

Anonimo ha detto...

mah io sono di udine e, per quanto leggo, verona in certi termini mi sembra simile alla mia citta'. Anche se c'e' gente e denaro, sono solo interessati a fare YMCA con le braccia a fine serata ogni venerdi' e sabato sera...

Butel Info ha detto...

Ehi, non toccarci YMCA! Non sappiamo cosa significhi questa sigla, non sappiamo fare le fottute lettere con le braccia e ci guardiamo intorno ogni volta, dopo 1323 volte che la balliamo non abbiamo imparato le parole e pensiamo che la canzone dica "Jamme!" ma...se ci togli YMCA non ci rimane piu nulla e ci tocca farci una cultura. E questo noi veronesi non lo vogliamo, hai capito!?

Anonimo ha detto...

Ho abitato per qualche mese accanto alla casa 139 e ai tempi il tasso di pheega single e non troppo equo-solidale che entrava e usciva da quel locale era decisamente alto (attenzione, molte erano lesbo chic, forse attirate dal fatto che nel palazzo accanto al mio viveva la Nannini... una di queste ci ha pure provato con me nonostante stessi spudoratamente tentando di far capitolare un moraccione -_-).

Ad ogni modo la tessera costava 5 euro (davvero l'hanno passata a 15?!?!) e il guardaroba era accanto al tavolino di accoglienza posto al piano terra: che è successo, te l'hanno scippato?

Butel1 ha detto...

Dalmo: ovviamente il discorso è MOLTO semplice, tutto è legato alla cultura di livello non mainstream. Che da noi NON esiste. Da noi esiste una sorta di sedicente cultura alternativa (aspetta che mi scompiscio), ma è diversa da qualsiasi altra cultura veramente alternativa che in fondo oggi si configura o "indie" o di nicchia, comunque sovente con nel piatto un'offerta artistica di qualità. Da noi tutto ciò che è alternativo è: straccione o senza gusto, o straccione e senza gusto o senza gusto e straccione.
Mettiamocelo in testa.
[mamma che generalista snob questo butel1...]

ButelInfo: ah beh adesso l'è bela sta qui... no no ma alora sentemo, sentemo: se i dise mia Jamme, sa diseli? Te si proprio quel che sa tuto alora ti, brao, brao zioskan! [meteghe un po' de gente che te bate le mane]

Pasto: sono anch'io possesso della tessera del club "YMCA-CON-LE-BRACCIA". E lo sto dicendo con poco orgoglio, si sappia.
Del resto sono un ragazzo semplice e mi diverto con poco.

Pandorina: la faccenda della tessera a 15 € mi è stata ribadita da due tizi che ho beccato lì, in compagnia tra l'altro degli Amari (un gruppo synth niente male che la sera prima aveva suonato a Verona).
Il guardaroba confesso che non l'ho trovato ma osservando parecchia la gente con giubbotti addosso o in mano o appoggiati dove capitava (per terra: ripetiamo il discorso sull'arredo minimal), non c'era molto da immaginare.
In fondo l'ambiente mi è piaciuto. Ciò che mi piace molto poco - ma il discorso è circa l'ARCI in generale - è che la gente da ARCI si vanta sempre, e ne avrebbe fama, di essere "cioè molto più aperta" "cioè non fighetta come negli altri locali dai cioè si vede no?".
Ma smettiamola.

Anonimo ha detto...

@Butel1: in effetti non bazzico la Casa da molto tempo (nonostante non sia andata ad abitare molto lontano..) certo che il salto 5 -> 15 euro mi lascia davvero a bocca aperta.

Concordo assolutamente con te sul fatto che, trattandosi di circolo Arci, lo spirito di base dovrebbe essere low profile. E ti confermo che già 6 anni fa, alla Casa, di low profile c'era solo l'arredamento (cioè.. le due sedie che compongono l'arredamento...).

La fauna maschile e femminile presente si divideva in due tronconi: il genere very vip della serie sono vippissimo ma frequento questi posti proletari perché fa figo, fa impegnato e mi compensa il cayenne parcheggiato sul marciapiede qui di fronte; e poi il genere proletario, che però di proletario pareva mantenere solo un po' di ideologia, ma siamo a Milano e il look ha il suo perché e allora trasformiamoci in radical chic, che ormai non abbiamo più 18 anni.

Ad ogni modo, da come lo descrivi, temo che l'anfratto, un tempo adibito a guardaroba, sia stato trasformato in alcova a pagamento per esperienze sex-proletarie (il tutto mentre tu sudavi col giaccone in mano al piano di sopra) :D

Anonimo ha detto...

Butel1: Sì, ovviamente per far capire il discorso hai generalizzato un po'.
Purtroppo hai ragione, non esiste ancora la nicchia a Verona e la quantità/qualità della sua offerta artistica è sicuramente inferiore a quella offerta da Milano. E poi sì, spesso quello che a Verona è definito "alternativo" risulta sgradevole o addirittura grezzo.

Butel1 ha detto...

Beppe per Pandorina

Spettacolo

Anonimo ha detto...

@Butel1: grazie per la segnalazione, me l'ero perso ;-)