Il primo sintomo della patologia Delirium Spakkonis, precede la festa (
"divertentissimo" finto porno a parte). Definito dalla stessa Diesel (per la serie
Vi stiamo già credendo) sia "
The biggest party ever" (il copywriter è Puff Daddy?) che
"Il party che cambierà il concetto di part...zzzzzz" perchè in contemporanea, con tanto di streaming video, si festeggiava in 17 città del mondo e perchè gli artisti chiamati erano quotatissimi e perchè si sarebbe andato avanti fino alle 4, ecc.
Ergo è stato
molto disol e poco cuul: che dire, ad esempio, dei mangiafuoco direttamente mutuati da (il circo di) Ibiza? E degli acrobati danzerini arrampicatori di funi? E dell'area vip con le telecamere di ClassLife? Trash 1, cool 0.
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La ggente. Troppa. Un successone questo party gratuito ('anvedi). In particolare ci incuriosce l'appellativo frequente di
fan in luogo di ospiti. "Presenti centinaia di fan". Cioè una ditta fa dei jeans e anzichè avere acquirenti, ha dei fan. Fan della Diesel: mettetelo nel vostro profilo duepppuntozzzero, mi raccomando. Ah, il fan della Diesel è un tamarro. Non ce n'è. C'è scritto anche nei commenti al profilo duepppuntozzzero.
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Selecta. Un party così cool, così esclusivo, così Diesel, ovviamente non è per tutti. Inviti, amico mio, inviti. E procuriamoci sti inviti, thanks Upstream.
Bene. A cosa servissero, ci si chiede. Al massimo hai la priorità. Per il resto, salvo due scrofe - ma c'è il dubbio pure su quelle - nessuno è rimasto fuori. Pian piano, poco a poco, si entra tutti. Al massimo "
se non hai un caro amico autista di ambulanza non esci".
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pheeghe e la legge dei grandi numeri, che ricordiamo recitare "
I cessi, colpiscono i piccoli numeri, non i grandi", questa volta non sbaglia: su 4 ragazze, 2 sono carine; su 1000, 600 erano carine. E' tra queste 600 che troviamo esemplari che non dobbiamo avere paura di definire:
Pheegha Atomica, Pheega Imperiale, Pheega da Coltelli,
Pheega della Madonna, figa. Insomma, sarà il contesto capannonico, ma la pheega c'è e a dosi imperiali. Inoltre sono quasi - quasi - riusciti a escludere il target teenager. Il problema, semmai, sono les hommes (beh, anche les culatonnes, ad essere onesti): quanti tarri raduna Milano? Un fenomeno di proporzione endemiche che prima o poi dovrà portare alla costituzione di una Commissione Parlamentare seria: le scuse sulla congiuntura economica sfavorevole non reggono più.
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Il locale. Un capannone, in verità.
Studio2000. Il numero indica i gradi celsius. Probabilmente un'ex industria di forni inox, che qualcuno si è dimenticato di spegnere. Ve l'ho detto che la scenografia prevedeva contorsionisti e mangiafuoco? (Sì). All'aria stantia, per cortesia, aggiungiamo pure una perenne cappa di fumo che esalta l'impianto luci, nonchè il rossore degli occhi.
Comunque sia,
tolti gli arrampicatori spastici, non succede un cazzo. Tutti si scelgono una posizione e se ne stanno lì in attesa di uno show, che a noi non pare mai un granchè. Gli altri non si rassegnano e iniziano un tour de force di 20-30 km a piedi. E
gira il mondo e gira il mondo.
Qualcosa accade: il
dj set iniziale. Terribile. Ricordo solo che ad un certo punto qualcuno pompa della techno. La gente salta mentre dall'alto irrompono le meduse meccaniche:
ZION NON CADRA'!
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Alcol. Sì. Per tutti.
Open bar. Colossalmente sbronzi/e. Il quieto vivere. Le suddette pheeghe (voi pensate) ci stavano pure. Sarà la provenienza dei dj, ma si respirare un'adorabile atmosfera nordica
vieni qui bella bionda lingua in bocca vogliamoci bene.
Effetti collaterali: impegnatissima l'ambulanza. Ah, dio mio, certa gente non sa proprio bere. State a casa, incapaci.
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Moda. Premesso che in generale questo è catalogabile come evento dove
la gente non E' alla moda bensì pretende di FARE la moda (sì vabbè, sposatevi e aprite un bar, va'), ovviamente le cose non stanno così. C'è tutto il solito repertorio massista degli ultimi cinque e passa anni: indiroghesse, a gogo; boho chic, ma va?; vari esemplari di quelli che il già noto(?) scrittore veronese
Alberto Fezzi codificò come straccione modaiolo; il sedicente copywriter milanese con barbetta accennata e occhiale da architetto (tzè), che chissà perchè - perchè è vero - mi immagino sempre come stagista trimestrale (rigorosamente non riconfermato) in qualche società di comunicazione e/o pr; l'alternativo (di che? A cosa? Non sa, non dice); diversi
Giovane Universitario Vissuto, con quel look che è una crasi tra il clochard e il disfatto-chic, ancora visibilmente in lutto per la
scomparsa di Wallace (ma fatela finita!) e che ora
come fa a trovare ancora l'ispirazione per fare lo scrittore maledetto?GUV1: "Non ce la faccio a continuare a trovare l'ispirazione, è morto Wallace, che si fa ora?"
GUV2: "Party della Diesel con pheega?"
GUV1: "Andata!"
GUV2: "[e comunque chi era Wallace?]"
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Area Vip. Chi? Cosa? Quando? Ah sì... il fantastico mondo dei media milanesi. Below the line magari.
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Butei look. E' pur sempre il trentennale di una marca di jeans, quindi... niente, Ferragamo marrone per B1, Margiela sui toni del verde per B2. Non senza una certa vergogna, sia chiaro, ma è il vestiario ideale per fingersi, a seconda delle occasioni, importanti giornalisti, importanti pubblicitari, importanti e basta. Caso open bar: vigeva, mi chiedo per quanto, la ferrea regola del 1 persona:1 bevanda. Con la scusa dei "Colleghi che..." non siamo mai venuti via con meno di tre consumazioni a testa.
La cosa non è sconvolgente, siamo d'accordo. E' sconvolgente, consumare tre drink a testa, senza avere sedie o tavolini o altri appoggi intorno. Dopo anni di open bar, impari dei trucchetti: avete mai provato a sedurre una alta 1.60, con capello rasato e orecchie a sventola? Un vassoio con manubrio, che te lo dico a fa'.
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De frosciaroli. Sentenziosi difende da sempre il diritto a essere gay, checche, ignoranti, neri, e via dicendo. La stessa Sentenziosi Inc., in virtù di una stronza non-ipocrisia, difende altrettanto il diritto di chiunque a sparlare le persone, ad esempio le suddette categorie se vi va, ad esempio le checche. Ecco: w i gay, w i trans, w le drag queen e avanti con tutto il cucuzzaro. Ma le checche, le checche isteriche, le checche molestatrici, no. Giusto per assolutizzare in maniera sbrigativa e certamente scema: se a Londra vai in un locale 100% gay/checche oriented, quasi invisibile diventi, bell'eterone mio. Se vai a Milano, in un capannone a 90.000 gradi fahrenheit per un party di una ditta che fa jeans e ti lasciano 5 minuti da solo e sei Butel1, preparati per abbordaggi di natura selvaggia. Quello con il giubbo in volpe che mi utilizzò come suo mannequin per uno spinto servizio fotografico - con la compiacenza iniziale del sottoscritto, hey sono un poseur! - ad esempio.
Frosciarolo: "Uuuhh ciao posso fare delle foto con te?"
B1: "Cosa ti porta ad averne bisogno?"
Frosciarolo: "Beh, ma come ricordo no?"
B1: "Di che natura?"
Frosciarolo: "Beh..."
B1: "... ah. Ok" [partono diversi fumetti spazio-temporali tutti terminanti con un real augello che scarica la propria libido su di una certa foto]
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Musica. Trentennale, trent'anni, partiamo col sound 70' e avanziamo.
Capiamo e in un certo senso approviamo la scelta, di una line up meno "mainstream" di quella degli altri party in contemporanea (Mr Oizo a Tokyo, Justice da un'altra parte, ecc.) anche se c'è la netta sensazione che qua a Milano più che una scelta strategica, ci siamo beccati le ruote di riserva: le scamorze, i sosia poveri. Del resto nella maison Sentenziosi serpeggia da sempre il dubbio che Diesel sia la copia trash di Levi's (però, obiettivamente,
i party Levi's, ad esempio quello al Circuito Off dell'anno scorso, sono una cagata micidiale in confronto a questo).
Arriva
Albertino. "Hey hey ragazzi, io sono vestito Diesel". E si vede, dj Angelo - nella sua assoluta noncuranza del cool - è più apprezzabile. Annuncerà gli artisti uno ad uno, anche se pare buttato dentro a spinta.
Sosia poveri, a parte gli
EWF (Earth Wind & Fire), la mitica band anni '70 di neri che tanto avrebbero apprezzato i pactri nosctri. All'apparenza i sosia poveri di MFSB (The sound of Philadelphia?) con tre cantanti sosia poveri ora di James Brown ora di Stevie Wonder. Ma col cazzo: hey, sono gli EWF, quelli in circolazione da quarant'anni, con alcuni pezzi mitici, dall'R&B al funky sono degli animali da palcoscenico. Vabbè, a noi non entusiasmano, ma cazzo se sanno suonare. "You're-my-only-desire".
Nel cachè sono compresi i momenti di team building tipici del settore: "Hands up in the air!" che alcuni come sempre non capiscono e si infilano le mani nei capelli ("Ha detto proprio hands in the hair?" "Certo, puoi pure grattarti la forfora ora!") e l'immancabile brief focalizzato sugli elementi chiave della serata (della quale loro, figuriamoci, niente sanno): "Hey Milano... Diesel party here, yes... Big night...". Ma basta!
Che complesso, che sound, che carisma. Peccato che dopo venti minuti, ci si scrutasse in cerca dell'uscita. Ed è solo il preludio. Avranno suonato tre interminabili quarti d'ora.
Eccheppalle. Cos'è, un festival? Si chiude con "
Do you remember na na na na du iu rimemba?" ed eravamo finiti tutti in qualche spot televisivo di bevande conviviali da aperitivo.
La durata si farà un problema pure per il secondo artista: il dj
Disk Jokke (che gioco di parole geniale...). Dalla Norvegia, con la electro-space-minkia è il sosia povero dei Tangerine Dream feat. Jean Michel Jarre (o di lavatrice feat. bicchieri di cristallo). Dopo 5 minuti tutti comprendono che i successivi 40 saranno identici. E ballano. Boh. Eh, non fossero venuti i norvegesi a rinvigorire il genere...
Seguono le
Chicks on Speed. Nulla di che. Etichettate come electro-funk, sono in verità le sosia molto incazzate delle Pipettes. Brave, casinare, si balla. Anche perchè...
"Toc-toc"
"Hey, chi è?"
"Come chi è? Sono io: Quella Magica Voglia di Anni '80, vi sono mancato ragazzi?"
"Mah, a me manco per il cazzo (non te l'hanno detto che i '90 sono in ascesa?), comunque entra va' e fatti la sauna"
Ah, grandi artiste, con quelle basi in esecuzione senza strumenisti... Buone performer allora, questo sì. Fanno ballare tutti, belli e brutti. Minutaggio ideale, 20 minuti scarsi.
E' il momento dei
Who made who?, Danimarca. Vestiti con tutine b/w che infondono gioia nei cuori della parte meno etero del pubblico, sono i sosia poveri di... non so, ditemi una band electro-funky qualsiasi, la prendiamo per valida. Questa band l'abbiamo scoperta un paio di anni fa con
Space for Rent, loro unico vero successo. Certo che poi, qualcuno forse li avrà notati a questo punto, ti fanno la
cover di Satisfaction (Benassi, non Jagger). Poi non saprei, qualche pezzo più danzereccio. Chi si ricorda.
Comunque, partono: 1) Space for rent (grande sul cd, live così così) 2) cover di Satisfaction 3) Non saprei, qualche pezzo più danzereccio, chi si ricorda. In parte "
spakkano vekkio", in parte no. Fanno un po' pena perchè sul palco restano le Chicks on qualcosa, a prestare vocaleggi e - soprattutto - a
troieggiare come delle pazzerelle.
Per animare finalmente la baracca, seguono i
dj ggiusti Sister Bliss (che dai commenti ci dicono "
spaccasse il culo") e soprattutto
Lindstrom, che immagino sia l'artista che abbia catalizzato l'attenzione dei più (noi ad esempio). Anche lui norvegese? Sì, l'ambasciata della Lega Anseatica ha sborsato mazzette alla Diesel.
Saranno stati bravissimi. Lindstrom probabilmente è l'unico per il quale varrebbe una trasferta in concerto. Ma ci stiamo annoiando. Molto. Ciao Diesel Party in Milano, ciao. Yaaaawwwnnn.
Conclusione- topa a livelli altissimi
- alcol gratis
- ovvero topa sbronza e abbordabilissima, grazie bambole, un saluto alle nostre due nuove amiche lesbiche
- artisti così così
- tutto il resto no: Triple Tamarreit